Filtro di rete ad effetto pelle

Questo progetto è frutto di anni di sperimentazioni e prove e, una volta tanto, ha portato ad un brevetto che non è rimasto nel cassetto come spesso purtroppo succede. Si tratta infatti di un filtro di rete innovativo, senza la presenza del classico gruppo passivo LC a pigreco o doppio pigreco. Sfrutta infatti il principio fisico dell'effetto pelle. Di solito si cerca di evitare tale fenomeno poichè sconveniente, ma in questo caso viene utilizzato a nostro favore. Riportiamo un estratto della recensione scritta da Cristiano di audiocostruzioni nel Novembre 2013.

 

L’approfondimento sui filtri di rete affrontato su Audiocostruzioni, già da un paio d’anni a questa parte ha comportato ormai svariate prove anche a confronto fra filtri di rete, ciabatte filtrate, isolatori a trasformatore, con risultati sovente altalenanti ma, nella maggior parte dei casi, incoraggianti dal punto di vista della mera reiezione ai disturbi di rete elettrica.

In tutti i casi, i filtri analizzati erano dispositivi composti da reti di condensatori e induttanze opportunamente calcolate in funzione del grado di attenuazione, della frequenza di taglio e della potenza sopportata.

Un paio di pizze assieme ad un caro conoscente e stimato ingegnere professionista piacentino, mi hanno fatto riscoprire alcune ricerche condotte verso gli ultimi anni del XIX°  secolo dal geniale ricercatore serbo Nikola Tesla, con particolare riferimento all’effetto pelle.

Per “effetto pelle” si definisce la tendenza di una corrente elettrica alternata a distribuirsi all’interno di un conduttore in modo non uniforme: la sua densità è maggiore sulla superficie e inferiore all'interno. Un simile comportamento comporta una resistenza elettrica del conduttore crescente in funzione dell’aumento della frequenza.

In altri termini, a frequenze elevate la parte più interna del conduttore non è pressoché interessata dal flusso elettronico, in altre parole da un punto di vista teorico la densità di corrente J (la corrente che attraversa l'unità di superficie) in un conduttore decresce esponenzialmente man mano che dalla superficie esterna si penetra nel suo interno. Questa tendenza vale per conduttori a sezione circolare o di altra forma, comportando maggiore dissipazione di potenza a parità di corrente applicata oppure una minore corrente a parità di tensione applicata (legge di Ohm).

Il fenomeno fu spiegato per la prima volta da Lord Kelvin nel 1887 ma Tesla condusse particolari studi attorno al 1893 o giù di lì.  

Fra un trancio di buona pizza napoletana e un buon boccale di birra, scopro che un amico del mio amico è un altro inventore-ricercatore già dai tempi dell’istituto tecnico industriale, il quale ha definito e brevettato un filtro di rete ad effetto pelle!

Ovviamente, me ne faccio costruire un esemplare da testare a casa mia per valutarne l’effettiva efficacia. Nel giro di due settimane, mi viene consegnato un robustissimo scatolotto metallico provvisto di ingresso IEC protetto da fusibile e da una sola presa schuko d’uscita. La marca? Gandon Lab, da Piacenza.

Or dunque, il filtro ad effetto pelle che ho battezzato SEF (Skin Effect Filter) è un dispositivo brevettato il quale provvede al filtraggio delle armoniche ad alta frequenza, assicurando l’imperturbabilità della tensione sinusoidale a 50 Hz.

Il dispositivo garantisce inoltre la reiezione ai disturbi di rete di modo comune e differenziale, spikes e sovratensioni, ritenuti i responsabili della maggior parte dei guasti ai nostri amatissimi apparecchi. Secondo il progettista, il filtro ad effetto pelle “SEF” è particolarmente adatto ad alimentare strumentazione audio di alta qualità. La sua caratteristica costruttiva, infatti, consente di ottenere elevate attenuazioni dei disturbi, conferendo al segnale musicale quella limpidezza e pulizia da sempre agognata da qualsiasi audiofilo.

L’idea del filtro è di offrire il percorso meno resistivo possibile per correnti aventi frequenza pari a 50 Hz, imponendo un percorso più resistivo possibile per correnti a frequenza superiore di 50 Hz.

Lo spessore di penetrazione della densità di corrente in un conduttore diminuisce all’aumentare della frequenza. Ciò significa che, facendo scorrere una corrente attraverso un cilindro conduttore (3), le cariche tenderanno ad annidarsi tanto più verso la superficie del conduttore quanto maggiore sarà la frequenza. La sezione S utile, al fine del calcolo della resistenza del conduttore tramite la seconda Legge di Ohm, sarà quindi la corona circolare di spessore . Tale superficie diminuisce quindi all’aumentare della frequenza. Di conseguenza, per la seconda Legge di Ohm, si otterrà un aumento della resistenza totale del conduttore.

Unitamente alla riduzione della sezione utile (effetto fisico), per aumentare la resistenza del conduttore in alta frequenza è possibile intagliare la “pelle” dello stesso in modo da far percorrere alla corrente ad alta frequenza il percorso più lungo possibile. In questo modo, se il dimensionamento della geometria del conduttore e la profondità degli intagli sono opportuni, la resistenza totale del cilindro subisce un aumento dovuto a due contributi: la riduzione della sezione utile a causa dell’effetto pelle e l'aumento del percorso per l’alta frequenza a causa degli intagli.

Ogni cilindro - pieno - conduttore (3), uno per la fase ed uno per il neutro, è inserito in un cilindro dielettrico di teflon o poliestere (2), avente funzione di isolante.

All’esterno di tale cilindro dielettrico si avvolge un cilindro di rame (1) che ha invece lo scopo di convogliare a terra l’alta frequenza per effetto capacitivo, in modo analogo all’utilizzo dei condensatori Y di filtro.

Le caratteristiche dichiarate:

protezione da sovratensioni, spikes, disturbi di modo comune e differenziale
uscita max. 10A e 230Vac (il limite d’amperaggio è dato dal fusibile e dalle prese in/out
attenuazione a 100kHz con 10A: circa 10dB
attenuazione a 1000kHz con 10A: circa 25dB
attenuazione a 1 MHz con 10A: oltre 130dB

Utilizzo:

A casa mia, ho utilizzato il Gandon Lab sia come unico stadio di filtrazione dell’alimentazione elettrica, sia come primo stadio di filtrazione a monte di un’eccellente multipresa filtrata Furutech e-TP80. In entrambi i casi, il filtro Gandon Lab è stato utilizzato con due cavi di alimentazione Furutech FP314a.

Per il resto dell’impianto mi sono affidato al mio solito notebook Toshiba, coadiuvato dall’interfaccia usb asincrona Musiland Monitor 01 US e dal dac Audio Research DAC5, con l’eccellente alternativa costituita dal dac Audiolab M-Dac totalmente telecomandabile;  preamplificatori valvolari Klimo Beag, Synthesis Art in Music PL/1, Doma Grido Tube, Audion Premier Silver Night; finali Klimo Kent Gold improved e Albarry M408II; integrati Mastersound 845 Reference e Gainclone; diffusori Sonus Faber Minima FM2, Opera Callas, Dynaudio Focus 220.

La scelta di elettroniche prevalentemente valvolari non è stata casuale: è ben nota infatti la predisposizione alla microfonicità dei tubi termoionici, nonché la loro rumorosità sovente ben superiore a quella offerta dai migliori progetti a stato solido.

Il filtro di rete è stato posto a confronto con….. il nulla, l’isolatore Xindak XF2000b, le multiprese filtrate Furutech e-TP80E, Opera Consonance PW-1E e Belkin Pure-AV Surge 8.

 I test d’ascolto sono stati condotti in orari diversi del giorno: in tarda mattinata, di pomeriggio e in prima serata, in giorni feriali e festivi, al fine di verificare anche la qualità della rete elettrica in funzione delle variabili richieste civili ed industriali nell’arco della giornata, con la sola esclusione delle ore notturne.

Impressioni:

Il confronto fra l’utilizzo del solo filtro ad effetto pelle ed il nulla è piuttosto avvertibile: senza filtrazione, è percettibile una sensazione di fastidio d’ascolto , che avrei circoscritto essenzialmente in una minore focalizzazione dei vari piani sonori e dei contorni strumentali, una minore trasparenza, perdita di dettaglio, attenuazione del microcontrasto.

Tale sensazione è maggiormente avvertibile con l’utilizzo del filtro Gandon Lab rispetto ai riferimenti sopraccitati, con la sola esclusione della ciabatta Furutech e dell’isolatore di rete Xindak, con cui le differenze diventano più sfumate.

In particolari fasce d’orario poi, quando probabilmente il fabbisogno energetico nazionale aumenta sensibilmente (ore dei pasti), l’assenza di un qualunque sistema di filtrazione / pulizia della rete elettrica diventa davvero inquietante: una volta abituate le orecchie alla pappa buona, esse non ne vogliono più sapere di un down-grade, divenendo in tal senso la percezione sensoriale molto più selettiva ed efficace. Come, di fatto, la psicoacustica insegna in merito alla “memoria sensoriale” ecco che, in assenza del Gandon Lab, subentra quella sorta di sensazione di fastidio, di qualche mancanza, di una certa confusione percettiva che infine inficia il piacere d’ascolto.

Un simile risultato mi ha sinceramente lasciato un poco di stucco: sebbene io non sia uno specialista in elettronica o elettrotecnica, conosco sufficientemente i fondamenti della tensione alternata nonché le teorie associate ai filtri (nel caso specifico, i passa-basso); quando ci si trova di fronte a circuiti passivi più o meno complessi costituiti da induttanze e condensatori, valutandone pure il loro dimensionamento e la loro qualità costruttiva, non è difficile risalire alle loro caratteristiche, intuire (se non calcolare) le loro prestazioni almeno teoriche, dunque la loro efficacia.

Nel caso del Gandon Lab, l’unico elemento elettrico passivo di tipo “tradizionale” è il fusibile di protezione integrato nella vaschetta IEC d’ingresso. Il cuore del sistema è costituito soltanto da un “accrocchio” cilindrico di rame e poliestere, la cui forma potrebbe semmai ricordare altri tipi di filtri, come quelli usati in campo idraulico o idrico, per intenderci, non certo in associazione alla corrente elettrica.

L’effetto pelle è, però, una conseguenza fisica ben nota: possibile che nessun costruttore abbia mai pensato di mettere in pratica la scoperta e gli studi di Lord Kelvin (1887) nonché dal citato genio serbo Tesla?

La prima considerazione che spontaneamente sovviene, è la potenziale affidabilità assoluta del Gandon Lab, il quale non soffrirà certamente dell’invecchiamento dei componenti passivi. Non sarà ovviamente cosa nota ma, consapevole dell’efficacia del proprio brevetto, la Gandon Lab costruisce questi filtri anche per applicazioni prettamente industriali, a protezione ad esempio di strumentazioni, inverter, plc.

Il comportamento strumentale del filtro Gandon Lab si è sempre rivelato eccellente, probabilmente il migliore fra tutti i filtri fino ad oggi testati fra le mie mura domestiche: i miei strumenti di misura di rumore bianco non hanno mai evidenziato disturbi a valle del Gandon Lab, nemmeno collegando a monte degli amplificatori dotati di imponenti stadi di alimentazione.

Con catene d’ascolto totalmente a tubi termoionici, ho giocherellato con ricetrasmittenti amatoriali, con ricevitori per la sorveglianza dei poppanti, con un “baracchino” CB, ma non sono riuscito ad ascoltare la mia o la voce di qualche altro famigliare (ebbene si, qualcuno si è anche divertito, con queste prove estemporanee e ben poco scientifiche….).

Le mie sessioni d’ascolto hanno favorito brani suonati con strumenti acustici, non elettrificati o meglio, non elettronicamente manipolati: spazio dunque al pianoforte di Keith Jarrett, al trio acustico di Chick Corea, alle chitarre di Aco Bocina e Antonio Forcione, sino alle percussioni metalliche quali lo spacedrum, il trinidad, gli ximbao e ogororo, ricchissime di armoniche ad alta frequenza. 

Trattandosi comunque di un filtro di tipo passivo (se con tale termine s’intendono circuiti privi di alimentazione) posto sulla rete elettrica, non potevano mancare alcune pirotecniche esibizioni di fusion e funk-jazz contraddistinte da grande impatto dinamico, ripescate dalla produzione discografica di Billy Cobham, Casiopea, Dave Weckl, Current Events, Pat Metheny, per le quali sono d’obbligo ascolti a volume piuttosto sostenuto.

Se volevo riscontrare delle costrizioni dinamiche, in particolar modo con l’uso di amplificazioni a stato solido di notevole assorbimento elettrico, la sensazione MAI avvertita con l’utilizzo del solo Gandon Lab è stata di una certa costrizione dinamica che, talvolta, riscontro e ho ravvisato con qualsiasi altra multipresa filtrata, compreso l’isolatore di rete Xindak e compresi anche alcune mie realizzazioni amatoriali.

Prestazione eccellente! Non sono mai riuscito a mettere in difficoltà questo dannato scatolotto, ne tentando con disturbi esterni, né all’ascolto con qualsiasi apparecchiatura e/o partitura musicale.

Conclusioni:

E’ confortante e motivo d’orgoglio nazionalista costatare che il mondo audiofilo è costellato anche di progettisti i quali si dilettano con successo nella ricerca, sino al brevetto delle proprie invenzioni.

Che io sappia, il Gandon Lab è l’unico filtro ad effetto pelle reperibile sul mercato dell’alta fedeltà, anche estendendo la ricerca in ambito internazionale. Oh certo, è impossibile conoscere tutto e tutti, così com’è vero che altri ricercatori in passato abbiano già formulato analoghe teorie (vedasi ad esempio l’articolo pubblicato nel 1964 su Electromagnetic Compatibility, IEEE Transactions on – Volume 6, Issue 1, a firma di H.M. Schlicke della Allen-Bradley Company, Milwaukee, Wisc.) o brevettato circuiti simili (United States Patent 3704434, Skin effect RF Bridge Filter, 1972 by Donald A. Schlachter), ma non mi sembra che nulla di simile appaia o sia apparso sulle riviste specializzate e sui vari Annuari dedicati alla stereofonia.

Questo prodotto funziona, è efficace, sembra indistruttibile e affidabilissimo, è completamente progettato e costruito a mano in Italia, non avrà una cura estetica maniacale (serve poi, in un filtro di rete?) ma possiede un cabinet coriaceo e non invasivo e, soprattutto, è innovativo, frutto di ricerca e di approfondimento di una teoria peraltro vecchia di oltre un secolo.